PREMIO ROMA GBI RACING OLTRE UN SECOLO DI TRADIZIONE…
Le grandi firme della classica d’autunno. Il Premio Roma GBI Racing, corsa di gruppo uno internazionale, è fiore all’occhiello della nostra programmazione ed è parte della storia del galoppo italiano. Affonda le sue radici in oltre un secolo di tradizione, quando le vicende del cavallo e le sue corse, le storie dell’impianto della Via Appia erano narrate persino da Gabriele D’Annunzio.Un mondo lontano forse ma con un messaggio attuale: saldare ancora una volta la società civile della città con un posto unico dove è possibile trascorrere un pomeriggio diverso, non soltanto animato dai cavalli e dalle corse ma anche pieno di altre possibilità di svago e soprattutto immerso in un polmone di verde che va appunto al di la del momento delle sole corse. Un impianto che è orgoglio per Roma. Le prime edizioni del premio Roma sono state quelle di segnate da un’ippica che ancora pagava un enorme tributo tecnico e di competenza nei confronti dell’Inghilterra da dove provenivano gran parte dei fantini e degli allenatori in attività ma subito dopo la prima guerra mondiale prendeva corpo e forma l’anima del turf italiano e non soltanto per l’enorme tributo di ingegno da parte di Federico Tesio. Il Roma è entrato immediatamente nell’immaginario collettivo del turf e la riprova è data dal fatto che i primi vincitori appartenevano a complessi di prima grandezza come la Razza di Besnate che apre l’albo d’oro, come Federico Tesio ovviamente a segno una infinità di volte ma come anche Sir Rholand che significava Felice Scheibler uno dei più grandi proprietari e allevatori di inizio 900, il vero primo anti Tesio della storia ippica. Il Conte oggi saluta gli appassionati proprio pochi metri dopo l’ingresso principale, la dove è collocata giustamente la sua statua che è testimone del tempo e della tradizione. Un grande vincitore nel primo quarto di secolo fu Frank Turner che allenava i propri effettivi e che si stabili in Italia creando una vera e propria dinastia proseguita con il figlio Luigi e con il nipote, oggi, Frank. Tutte le grandi scuderie che hanno scandito il divenire del galoppo italiano nella prima metà del 900 e anche oltre sono presenti nell’albo d’oro: la Mantova della famiglia Mantovani, il Soldo dei fratelli Crespi che vinsero a Parigi l’Arco di Trionfo nel 1934 con Crapom e Giuseppe De Montel altro proprietario storico capace di siglare la corsa più ambita del mondo, appunto l’Arco di Trionfo, grazie ad Ortello. Il dopo guerra vede al traguardo il primo vero vincitore estero e da allora gli ospiti hanno sempre nobilitato la corsa. 1952, un cavallo che è entrato poi nella storia del galoppo mondiale, Worden, uno degli avi materni più importanti per un lungo periodo. Dagli anni 50 fino ai nostri giorni il Roma è maggiormente nei ricordi degli appassionati che hanno ben chiara nella mente le affermazioni di campioni come Tissot, delle femmine Tema, Feria e Caorlina, dei due doppi siglati da Surdi e Bacuco per i colori, quest’ultimo, ancora meravigliosamente in attività della scuderia Fertche ha solcato quasi 70 anni di storia ippica.Una corsa che ispira la vittoria duplice, evidentemente, il Roma: a bersaglio due volte anche Duke of Marmalade, Taipan, Elle Danzig, Soldier Hollow. La storia del Roma meriterebbe un libro e non poche note rapide, per celebrare i grandi fantini, i bravissimi allenatori e le famose scuderie che ne hanno scandito le vicende. Una storia che comunque esige una piccola spiegazione: il Roma nasce come grande prova sulla distanza molto severa dei 2800 metri come pretendevano i canoni di selezione della prima parte abbondante del secolo. Una distanza che invece da un quarto di secolo e anche più è perfettamente in linea con la esigenza mondiale di selezione che individua nei 2000 metri la distanza forse ideale per il progresso genealogico del settore. E’ appunto quella che anche in questa domenica i protagonisti della corsa dovranno percorrere per fregiarsi, uno solo come impone la filosofia delle corse, del titolo di vincitore di gruppo uno. Una corsa pienamente all’altezza e grazie alla indispensabile presenza di ospiti stranieri, nel turf moderno il confronto globale è alla base ed è primario per la riuscita di una corsa. Cosi al termine della dirittura lunga, 850 metri, e severa saranno in tanti a provare a vincere e preventivamente di buon conio.
Mario Berardelli